Le cronache ci riportano all’eterno dibattito, in termini di urbanistica e riqualificazione urbana, sul destino del costruito alla ricerca di una ricetta per gli edifici che rappresentano l’architettura passata. Meglio ricostruire o convertire? Risponde l’architetto Francesco Pastore, mente creativa del Pugliarch, Festival internazionale di architettura, raggiunto dalla giornalista e interior designer, Marilena Rodi.

Cosa insegna la storia (e cosa racconta quella di Bari)

Parliamo di edifici storici. Non necessariamente quelli legati a un vincolo della Soprintendenza, bensì quei fabbricati che per periodo storico di riferimento e/o per valenza culturale o sociale abbiano rappresentato un punto fermo nelle vicende della città di Bari.

Mi riferisco ad esempio, al palazzo (oggi di vetro) di piazza Moro a Bari, già sede della Gazzetta del Mezzogiorno, oppure al Palazzo della Gazzetta del Mezzogiorno costruito nel quartiere di Poggiofranco, sempre nel capoluogo pugliese, oppure ancora il palazzo dove fino a qualche anno fa sorgeva la Banca commerciale (nel centro murattiano, in via Abate Gimma), poi adibito a commercio al dettaglio, o ancora per esempio, l’ex palazzo della Motta, solo per citarne qualcuno.

Alcuni di questi non esistono più o rischiano di non esistere più, come il palazzo di via Scipione (l’ex Gazzetta), oggetto di prossimo intervento a fini residenziali. Per non parlare degli interventi attuati nel centro murattiano (che di Liberty non hanno quasi più nulla) dove tra gli anni cinquanta e sessanta la maggior parte dei palazzi sono stati abbattuti e ricostruiti rendendoli certamente più contemporanei all’epoca (allora), ma di dubbio stile architettonico, mi permetto di dire.

Nel senso di sottrazione di identità a una città che oggi si presenta come un potpourri di cemento e mattoni rossi. Mi viene in mente Trieste: una città elegante che ha saputo non solo conservare tutti gli edifici storici, ma riesce a manutenerli e a farne un bigliettino da visita (il water front è davvero mozzafiato).

Una riflessione, qual è la ricetta per conservare l’identità di una città?

Giriamo la domanda a Francesco Pastore, architetto dello studio [fp]_architettura&design, e docente di Progettazione d’interni 2 all’accademia privata del design di Bari, Ideacademy, oltre che mente creativa e organizzatore – insieme alla Gab, Associazione Giovani architetti Bari – di tre edizioni del Festival internazionale di Architettura Pugliarch, e autore del libro “Pugliacontemporanea, luoghi, spazi, architetture (edizioni Listlab-Barcellona), pubblicato nel 2006.

“L’Italia – spiega Pastore – è una nazione ricca di sedimentazioni storiche, pertanto non si può eludere il rapporto fra architettura moderna, contemporanea e preesistenze. È sempre attuale il dibattito/scontro tra opposte linee di pensiero: chi è a favore della corrente conservatrice, intesa come chiusura ad ogni possibilità di intervento che non sia di conservazione dello stato di fatto e chi, invece, vede la trasformazione come opportunità di rinnovamento e rigenerazione di spazi e luoghi del passato, a favore delle nuove esigenze della società contemporanea e, allo stesso tempo, esaltazione reciproca dei caratteri del contesto storico e dell’architettura contemporanea nel rapporto dialettico fra antico e nuovo. Nella città di Bari – prosegue l’architetto – nel 2010, sono state attuate politiche di tutela del patrimonio architettonico attraverso la ‘mappatura’ degli edifici di interesse storico e architettonico dei quartieri Murat, Libertà e Madonnella”.

E il risultato qual è stato?

Sono stati individuatoltre 300 immobili, di cui circa 200 sono stati definiti di elevato valore architettonico, i restanti 100 sono stati dichiarati sostituibili. Tale studio, pur proteggendo buona parte dei fabbricati dei tre rioni, ha contribuito alla “scomparsa” di numerosi edifici, a seguito di demolizioni. Tuttavia, questa analisi non ha considerato quartieri come Carrassi, San Pasquale, Picone, Carbonara o Ceglie, escludendo così da una possibile tutela altre centinaia di immobili”.

Esiste una legge che tutela gli edifici dichiarati di interesse?

“La Regione Puglia, con la Legge Regionale N. 14 del 10 giugno 2008, ha favorito la “tutela e valorizzazione delle opere di architettura moderna e contemporanea” (art. 12 della legge regionale), disponendo che i Comuni – entro dodici mesi dall’approvazione della norma – redigessero un elenco di edifici di architettura moderna e contemporanea di significativa testimonianza storica.

Tuttavia, nonostante l’entrata in vigore di detta legge, si è assistito a numerose demolizioni di immobili di valore e di interesse storico architettonico, quali i progetti realizzati da eminenti figure dell’architettura del nostro territorio, come Mangini, Chiaia-Napolitano, Dioguardi.

Tanto a dimostrazione che le politiche di tutela introdotte dal legislatore regionale sono state uno strumento importante, ma ancora poco efficace e attento a una materia cosi importante, quale la tutela, curatela e valorizzazione del patrimonio architettonico del territorio. Pertanto, è opportuno che si continui tale attività di tutela, non solo attraverso il rafforzamento delle norme esistenti, ma anche attraverso lo sviluppo di analisi e studi approfonditi sul patrimonio immobiliare esistente al fine di evitare “gravi esclusioni” e di contro inserimenti negli elenchi degli immobili da tutelare, di edifici poco significativi e ritenuti di valore per la sola età anagrafica”.

Quindi, qual è la ricetta per conservare l’identità di una città?

“Molto interessante è l’attenta analisi di Oriol Bohigas, che in un’intervista di qualche anno fa, sottolineava l’inopportunità di dividere la città in due parti: il centro storico, visto come un gioiello da preservare, con interventi minimi e mimetici, e una periferia dove poter sviluppare l’architettura contemporanea. L’architetto spagnolo, infatti, diceva che “La città storica non ha una identità specifica, ma cronologica. Di conseguenza anche un apporto contemporaneo può rappresentare una tappa vitale per la città. Non ci sono alternative all’architettura moderna, essendo questa il risultato di una serie di eventi di carattere culturale, per definizione contemporanei. Solo così si determina e continua la tensione insita nelle città“.

Pertanto, è necessario ampliare il concetto di identità di una città, che non deve essere legato a paradigmi e schemi fissi, bensì deve rispecchiare una visione più ampia e più trasversale dove epoche differenti, stili e architetture siano fuse in un’identità multisfaccettata.

Questo concetto lo insegna la storia dell’architettura, si pensi alla “splendida spregiudicatezza” delle opere di Palladio o Michelangelo, che all’epoca della loro costruzione furono viste come eresie, sconvolgimento di regole precedenti, introduzione di nuovi valori, nuove sensibilità e “inserimenti contemporanei” in un contesto storico. Il vero insegnamento della tradizione non è conservare, ma soprattutto stratificare, trasformare ed innovare.

La mia visione non è univoca. Sono a favore, infatti, della tutela del patrimonio storico purché ci sia un’attenta lettura critica, ma nello stesso tempo sono a favore dello sviluppo del contemporaneo, purché venga realizzato con progettazione di qualità e non per mera speculazione edilizia”.

Marilena Rodi, giornalista e interior designer

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By Redazione

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